Araldo di Crollalanza.it
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1986
  • Indro Montanelli (Il Giornale)
  • Giuseppe Giacovazzo (La Gazzetta del Mezzogiorno)
  • Enrico Mattei (Il Tempo)
  • Mario Caccavale (Il Tempo)
  • Cesare Mantovani (Secolo D'Italia)
  • Commemorazione del Sindaco di Bari Franco De Lucia
  • Cristiano Focarile (Il Giornale del Mezzogiorno)
  • 1995
  • il Presidente del Senato Carlo Scognamiglio Pasini
  • Cesare Cavalleri (Avvenire)
  • Dino Messina (Corriere della Sera)
  • Fabio Andriola (L'Italia Settimanale)
  • 1996
  • Matteo Pizzigallo (La Gazzetta del Mezzogiorno)
  • 1988
  • Gianfranco Legitimo (Percorsi)
  • 2001
  • Il Presidente dei Senatori di An Giulio Maceratini
  • Marcello Veneziani (Il Giornale)
  • 2006
  • Speciale Puglia d'Oggi
  • il ministro di Crollalanza durante un sopralluogo
    VITA DA PROTAGONISTA
    La Bari di Araldo di Crollalanza
    Ministro dei Lavori Pubblici 1930-1935
    Littoria, Aprilia, Pomezia
    Senatore del Msi-Dn 1953-1986
    Discorsi Parlamentari
    Libri e pubblicazioni
    Crollalanza passeggiata 1983
    Un'ininterrotta serie di realizzazioni

    "Bontà loro, anche molti avversari mi vogliono bene". Sì, Araldo di Crollalanza è stato uno di quei rari, rarissimi personaggi politici italiani che riescono a essere amati e stimati da tutti, amici e avversari. Non è facile per un politico godere di buona stampa in Italia, non è facile soprattutto se si vive novantaquattr'anni, tanti ne aveva Crollalanza, se si ha la ventura come la ebbe lui di attraversare due regimi, l'uno negazione dell'altro.
    Il "segreto" della stima e della considerazione per Araldo di Crollalanza è svelato dalla sua biografia. Basta scorrere sia pure rapidamente la sua vicenda politica da lui stesso riassunta e affidata all'editore della Navicella, il libro che in poche righe condensa le vite dei senatori e dei deputati della nostra Repubblica, per accorgersi che la vita di Crollalanza è stata un succedersi di realizzazioni, di opere pubbliche, di cose fatte più che di discorsi o di cariche rivestite.
    Già come podestà di Bari, sua città natale e centro di numerose sue realizzazioni, Crollalanza contribuì a istituire la Fiera del Levante, l'università e un numero cospicuo di opere pubbliche, tra le quali il moderno politecnico e il bellissimo lungomare, nonché le importanti opere di difesa della città da quelle alluvioni che periodicamente la investivano. A lui si deve pure la costruzione di un grande porto e la istituzione di moderni servizi pubblici. Negli anni successivi, fra il 1928 e il 1935, prima come sottosegretario di Stato ai lavori pubblici e, dal '30, come ministro dello stesso dicastero, Crollalanza fondò l'Azienda autonoma delle strade italiane e sistemò la rete stradale nazionale. Avviò e diresse la ricostruzione delle zone sconvolte dal terremoto del Vulture, una tragedia che colpì oltre cinquanta comuni della Campania, del Sannio, della Lucania e del Subappennino pugliese.
    Ricevette, per quanto da lui fatto, il plauso dell'Accademia dei Lincei e un alto riconoscimento della Croce rossa.
    Cessato l'incarico ministeriale nel '35, egli proseguì con tenacia la sua opera di costruttore nel nuovo incarico di presidente dell'Opera nazionale per i combattenti. Sviluppò e portò a termine la trasformazione agraria e fondiaria dell'Agro romano, la costruzione di Aprilia e di Pomezia nonché la costruzione di migliaia di poderi e la loro assegnazione in proprietà ai coloni in tutto l'immenso territorio pontino romano. Ma non si esaurì qui quel suo spirito davvero singolare di realizzatore. Sempre in questi anni, dal '35 al '43, egli provvide alle prime grandi trasformazioni fondiarie e agrarie nel Tavoliere delle Puglie e nel Basso Volturno, alla bonifica integrale di una vasta zona della Dalmazia, a imponenti opere di trasformazione agraria in Etiopia e in Albania.
    Dopo l'8 settembre '43 seguì Mussolini nella Repubblica sociale. Di Mussolini fu non solo ministro ma amico fedele fino alla fine. "Lo conobbi, s'immagini, nel 1919", confidò al collega Gino Agnese in una intervista apparsa su questo giornale il 6 giugno di quattro anni fa. "Un giorno da Bari presi il treno e andai a Milano, in via Paolo da Carrobbio, dove, dopo aver lasciato l' Avanti! aveva aperto in due o tre camerette la redazione del Popolo d'Italia. C'erano le fabbriche occupate e le ciminiere imbandierate di rosso. Concordammo l'invio dei miei articoli e poi scendemmo per andare dal barbiere. Strada facendo mi chiese: "Di' un po', Araldo, ma se questo nostro movimento diventasse una cosa seria e si ingrandisse e marciassimo su Roma il Mezzogiorno come risponderebbe?" Pensi: tre anni prima del '22, già aveva in testa tutto".
    L'ultima volta che vide Mussolini fu sul Garda, dodici giorni prima che fosse ucciso. "Aveva il colletto della camicia che mi sembrò larghissimo e la giacca che gli cadeva da dosso. Si alzò, mi mise una mano sulla spalla e disse: "Siamo proprio alla fine, Crollalanza. Ma chissà, forse c'è ancora uno spiraglio. Hitler mi ha detto che se si riesce a contenere l'avanzata degli angloamericani, nel giro di un mese o due la situazione potrebbe rovesciarsi perché i tedeschi farebbero in tempo a disporre delle bombe atomiche"".
    Al termine della guerra, Crollalanza fu arrestato e processato. Il giudice che doveva processarlo nel '45 (era il procuratore generale della Repubblica a Venezia) lo accolse così: "Signor Crollalanza, le dico subito che contro di lei non risulta nulla di specifico.Lei deve rispondere soltanto di "atti rilevanti": insomma, siccome è stato un pezzo grosso, un processo glielo dobbiamo fare".
    Naturalmente fu prosciolto in istruttoria. Ma la testimonianza più significativa Crollalanza l'ebbe qualche anno dopo in Senato quando il ministro dei Lavori pubblici della Repubblica, dopo averlo cercato con gli occhi tra i senatori della destra, disse: "Lei, Crollalanza, è stato un grande ministro!". E nessuno dei parlamentari presenti contestò Romita.
    Dopo essere stato un personaggio rilevante del ventennio fascista, Crollalanza è stato anche un parlamentare esemplare nel successivo regime democratico. È stato eletto senatore per la prima volta nel 1953 nel collegio di Bari. Il mandato gli è stato poi confermato per altre nove volte.
    L'educazione ricevuta in famiglia - discendeva da un'antica famiglia della Valtellina le cui origini risalgono alle Crociate in Terra Santa - gli dettò norme di vita e di comportamento che gli giovarono persino fisicamente. Erano divenute proverbiali la sua efficienza fisica e la sua lucidità intellettuale. Nessuno dei senatori era più mattiniero di lui benché di tutti fosse il più vecchio. Cinque anni fa aveva rinnovato la patente di guida. E fino a pochi mesi fa ha svolto alla Camera alta interventi delicati e lunghi, stando in piedi nel suo banco come impone il regolamento.
    Eppure, nel dopoguerra, quando riprese la sua attività giornalistica al Giornale d'Italia come redattore della redazione provincie, egli era un accanito fumatore. "Fumavo allora ottanta sigarette al giorno, e con un collega di valore, Vinicio Raldi, ci dividevamo il tavolino e il posacenere".
    Aveva amici, dicevamo, in tutti i gruppi politici, persino fra i comunisti. Una sola volta fu offeso dalla faziosità degli avversari. Fu all'inizio dell'ottava legislatura. Lui doveva presiedere la seduta inaugurale del Senato come senatore anziano. Ma, per evitare che sul seggio della presidenza salisse un ex ministro di Mussolini, qualcuno convinse Nenni, che era più anziano di Crollalanza di qualche mese, a farsi condurre al Senato a braccia. E qualcun'altro, per strappare Nenni al suo letto e alla sua casa, disse che si rischiava di far presiedere la seduta a un uomo responsabile nel '21 della morte di Giuseppe Di Vagno.
    "Che vergogna inventare una storia così infame! Io il mandante di quell'omicidio? Ma se il più gran dolore per me è stato proprio l'assassinio di Di Vagno! Aveva studiato a Conversano, era comunista, e io ero fascista; ma c'incontravamo tutte le mattine al caffè Stoppani.
    Fu ucciso a Mola di Bari, il paese di mia madre. Gli esponenti di un movimento operaio di Gioia del Colle lo fecero assassinare... Eppoi anche il figlio di Di Vagno, che è deputato, ha riconosciuto l'assurdità di quanto dissero a Nenni".

    Mario Caccavale
    (II Tempo, 19 gennaio 1986)
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